(tratto dal sito radioblackout.org/)
Per capire Radio Blackout bisogna partire da 2 presupposti:
1) è un soggetto rivoluzionario;
2) è un mezzo di comunicazione.
Queste 2 caratteristiche a volte sembrano entrare in collisione, ma bisogna tenere conto di entrambe, da nessuna di esse si può prescindere, entrambe fanno parte del modo di essere di Radio Blackout.
La prima caratteristica attiene ai contenuti, al punto di vista da cui guardiamo il mondo, all’attenzione e alla solidarietà per l’antagonismo in tutte le sue forme, e anche alla struttura interna, a come ci rapportiamo tra noi. La seconda caratteristica implica che qualcuno ci ascolta.
Radio Blackout è autogestita, quindi rifiuta la divisione tra chi decide e chi esegue, tra intellettuali e manovali. Le decisioni sono prese collettivamente da tutti coloro che si impegnano attivamente e continuativamente nei vari aspetti della vita della radio. La principale sede di discussione e decisione è la redazione che si riunisce una volta alla settimana, nelle situazioni di emergenza possono esserci redazioni straordinarie. Naturalmente esistono preferenze, capacità e attitudini, ma tutti devono essere disponibili ad aiutare anche fuori dal proprio ”campo” e nessuno è esonerato dalle attività meno gratificanti e gradevoli, come le pulizie dopo un concerto.
Poi Radio Blackout è autofinanziata. Paghiamo la maggior parte dei costi (telefono, elettricità, manutenzione ecc.) con iniziative benefit (concerti, cene ecc.) o con sottoscrizioni. Non ospitiamo pubblicità a pagamento, non pubblicizziamo locali o iniziative commerciali. La redazione si riserva di valutare volta per volta casi particolari di situazioni ibride, in cui si pone un problema di priorità. Non rifiutiamo a priori possibilità economiche offerte da leggi o regolamenti pubblici, ma senza mai permettere che esse ci condizionino. Infatti non ospitiamo partiti né tanto meno propaganda elettorale, non abbiamo né padroni né sponsor. Già con la pratica dell’autogestione e dell’autofinanziamento, oltre che per quello che diciamo dai microfoni, ci poniamo in antitesi a una società fondata sull’oppressione di classe e di genere, sulla divisione dei ruoli e sulla logica del mercato e del profitto.
Per quanto riguarda i contenuti, fin dall’inizio abbiamo fissato 3 discriminanti: Radio Blackout è antifascista, antirazzista e antisessista. Certo esse non esaurivano il nostro modo di essere, ma volevano subito indicare ciò che da Radio Blackout è e sarà sempre fuori. Non per questo vogliamo chiuderci in un ghetto di soli rivoluzionari, che il potere chiude quando vuole oppure tollera perché pittoresco e innocuo, isolandoci da tutti coloro che dissentono anche parzialmente da noi. Vogliamo e cerchiamo una base d’appoggio e di consenso il più possibile ampia ed eterogenea, comprendente tutti i soggetti individuali e collettivi che criticano qualche aspetto di questa società e questo mondo. Tutti costoro possono dare a Radio Black Out (e a chi ci ascolta) contributi interessanti e competenti su particolari argomenti o informazioni di prima mano su episodi e iniziative, rendendoci anche più forti di fronte al potere.
Non rincorriamo tematiche popolari o alla moda per aumentare l’audience, al contrario scegliamo le tematiche che riteniamo significative e coerenti con il nostro modo di essere, dalle lotte sociali al carcere alla psichiatria alla guerra alla condizione della donna all’immigrazione al diritto d’autore alla difesa dell’ambiente all’animalismo a tante altre (quest’elenco ha significato solo indicativo e non limitativo). Ma quelle tematiche dobbiamo trattarle nel modo migliore possibile, sia dal punto di vista del contenuto e della competenza che da quello delle comunicabilità e dell’ascoltabilità. Non avendo fatto indagini o sondaggi non sappiamo chi c’è dall’altra parte, ogni ipotesi sarebbe campata in aria, per cui dobbiamo partire dal presupposto che possa esserci chiunque, non solo il militante antagonista ma anche la casalinga, il taxista, la parrucchiera o il pensionato. Non vogliamo piacere a tutti, ma tutti devono poterci ascoltare e capire.
Comunicazione antagonista o propaganda
Radio Blackout può essere al tempo stesso un soggetto rivoluzionario e un mezzo di comunicazione a partire dalla comprensione della distinzione tra comunicazione antagonista e propaganda. La comunicazione antagonista informa, fa capire, fornisce strumenti di analisi, sollecita la critica. Lo scopo è raggiunto se, dopo averci ascoltato, l’ascoltatore sa qualcosa che prima non sapeva o ha capito meglio i termini di una discussione o di un problema. Al contrario, la propaganda tranquillizza e consola, o fa scappare. La propaganda crea certezze, la comunicazione antagonista rompe le certezze e crea problemi. Nel caso della propaganda è irrilevante se il contenuto del messaggio è antagonista o reazionario perché il risultato, cioè un ascoltatore passivo e soddisfatto, è reazionario comunque.
Nella propaganda c’è un passaggio a senso unico tra fonte e destinatario di un messaggio chiuso e completo. Noi facciamo propaganda ogni volta che presentiamo giudizi e opinioni come se fossero evidenti, certi e indiscutibili, senza sfumature né contraddizioni. Ogni volta che diciamo o facciamo capire che chi la pensa diversamente da noi o anche solo ha dei dubbi è un idiota o un fascista, con il risultato di scoraggiare obiezioni, o anche solo domande, e dare l’illusione (anche a noi stessi) che tutti la pensino come noi.
Invece le nostre opinioni devono essere accompagnate da informazioni e argomenti che permettono all’ascoltatore di formarsi a sua volta una propria opinione. Il tipo d’ascoltatore che c’interessa è quello che sulle tematiche scelte da noi è interessato a capire, vuole saperne di più, ha un’opinione oppure vuole formarsela, qualunque sia il suo orientamento ideologico. Non c’interessa invece l’ascoltatore che, anche credendosi un grande rivoluzionario, vuole solo sentirsi ripetere quello che già pensa. Naturalmente è più difficile fare comunicazione antagonista che propaganda.